Bolzano. Nato da una vocazione privata nell’ormai lontano 1985, il Museion di Bolzano è oggi una delle poche realtà italiane che guarda ai modelli internazionali, in termini di programmazione, come di apertura al contesto in cui opera, di strategie di divulgazione dei contenuti che veicola, di valorizzazione del proprio patrimonio, la collezione, dunque ponendosi quelle domande necessarie a far emergere il ruolo pubblico ma anche il ruolo del pubblico del museo stesso.
Venerdì 25 novembre 2011 inaugura la mostra La collezione attiva. Opere mediali da Vito Acconci a Simon Starling, che sarà aperta al pubblico fino al prossimo settembre.
La direttrice Letizia Ragaglia, (curatrice della mostra assieme a Frida Carazzato), ha scelto di presentare una selezione molto particolare delle opere della collezione: Si tratta di opere che – dice la direttrice – quando stanno nei depositi non si presentano come si possono invece vedere in mostra. Devono essere attivate, prodotte. Ci sembrava interessante far vedere alcuni meccanismi dell’arte di oggi, far conoscere al pubblico anche questo specifico linguaggio che parla l’arte contemporanea.
Il pubblico, infatti, non sempre sa, che, spesso, quando si compra un’opera oggi, si compra in realtà il suo concepimento, l’intenzione, il piano di realizzazione, un foglio di carta con delle spiegazioni: “così è successo ad esempio per l’installazione Another Candy Bar From G.I.Joe di Vito Acconci – continua Letizia Ragaglia – ti ritrovi con un “progetto” in mano che devi realizzare, produrre.
Ecco allora che il pubblico viene invitato a volteggiare su un’altalena, in un ambiente appositamente costruito e illuminato con i colori della bandiera USA mentre nello spazio risuona la voce dell’artista che incita il “piccolo napoletano” a ballare “la musica del soldato americano”. O, ancora, con l’opera sonora Sediments Sentiments (Figures of Speech, 2007) del duo americano Allora & Calzadilla, ecco che dei cantanti d’opera entrano a far parte dell’opera stessa.
L’idea della mostra è dunque quella di proporre e sottoporre al pubblico una parte della collezione, ma non per una lettura passiva, bensì nell’intento e nella fiducia di restituire allo spettatore un suo ruolo attivo nella fruizione e nella vita stessa delle opere, attraverso il proprio sguardo ma anche il corpo intero, così come stimolandolo a sollecitare il pensiero, l’intuizione, la riflessione.
Presentare opere che devono essere attivate chiama in causa anche l’attivazione dello spettatore stesso. – evidenzia Letizia Ragaglia a proposito della mostra – Questo gli artisti del XX secolo l’hanno sempre voluto sottolineare: lo spettatore non è passivo, non vive della sola contemplazione, ma vede e sente da più prospettive. Qui ci sono opere a cui devi girare attorno, ma anche altre dal forte contenuto socio-politico, rispetto alle quali lo spettatore non può non sentirsi coinvolto. Volevamo mettere in evidenza l’importanza di questo confronto con l’opera d’arte che l’artista stesso richiede.
La fruizione e la circuitazione della collezione del Museo, visibile al secondo e terzo piano attraverso proposte sempre diverse, è certamente un primo aspetto con cui Museion vuole proporsi come attivatore di consapevolezza, di immaginari, di storia collettiva e personale per un pubblico il più ampio possibile senza tuttavia banalizzare i contenuti né rinunciare a soddisfare anche le esigenze di approfondimento dei visitatori più esperti. Un secondo aspetto cui presta attenzione è quello di una necessaria e costante divulgazione dei contenuti che propone con le sue mostre. Ecco perché ognuna di esse presuppone sempre anche una serie di momenti d’approfondimento sulle opere. Per la mostra di Carl Andre abbiamo invitato Laurie Anderson perché offrisse una visita guidata personalizzata, così come la prossima settimana (giovedì 1 dicembre e a seguire anche i giovedì successivi) verrà Francesco Jodice a introdurre la proiezione di un suo video presente in mostra. (Ragaglia) La mostra, d’altra parte, si interfaccia alla città attraverso un’opera appositamente realizzata da Michael Fliri per la facciata mediale del museo: il video The unseen looks like something you have never seen, un invito anch’esso rivolto al pubblico, ad adottare un certo sguardo sull’opera, è solo il primo di una serie di proiezioni, a cura di Frida Carazzato, che, nel corso del 2012, verranno proposte per questa facciata in dialogo con lo spazio esterno.
Tutto il contesto, l’ambiente in cui il museo si cala, è stato pensato, fin dalla sua progettazione, come luogo di passaggio tra due aree della città, come spazio da poter attraversare anche senza alcun impegno di visita.
Non è dunque un caso che per il 2012 si sia deciso di valorizzare ulteriormente questa vocazione all’apertura invitando il designer Martino Gamper a progettare una struttura ad hoc per il piano terra in cui accogliere tavole rotonde, incontri, presentazioni di libri…anche durante aperture serali (tre giorni la settimana) in cui, in collaborazione con la caffetteria, il museo si proporrà prima di tutto come luogo di aggregazione e condivisione.
Una vocazione, all’apertura e al confronto, che si esprime, infine, anche nella programmazione artistica del museo che, accanto alla direttrice Letizia Ragaglia, chiama in causa, ogni anno, lo sguardo esterno di un curatore straniero per una mostra “a tema” sui generis, dove il tema in realtà è il mondo stesso che ci circonda, quale punto di partenza di ogni creazione artistica: i modelli di riferimento della nostra società, i linguaggi con cui ci confrontiamo, le attitudini che sviluppiamo in quanto uomini di un certo periodo, appartenenti a un certo contesto sociale e geo-politico. L’arte contemporanea calata nel suo tempo.
Il “tema” scelto dall’olandese Rein Wolfs, direttore artistico della Kunsthalle Fridericianum di Kassel, per la sua mostra The New Public. Da un nuovo pubblico a una nuova dimensione pubblica sarà dunque proprio quello del nuovo ruolo del museo e dei suoi nuovi pubblici. Mentre per il 2013 la mostra della guest curator cinese Carol Yinghua Lu Little Movements: Self-practice in Contemporary Art (Micro movimenti: pratiche di autogestione nell’arte contemporanea) affronta la pratica artistica nell’era della globalizzazione.
Collezione, apertura, accoglienza, dinamismo, ecco le parole chiave del nuovo museo che si fa in quattro per il suo pubblico.